La riforma dello sport non può più attendere oltre
Della necessità di una riforma del sistema sportivo si parla praticamente da sempre, purtroppo senza risultati concreti. Da una rilettura di quanto avvenuto dalla nascita della Repubblica Italiana, ad oggi, si capisce chiaramente che la buona volontà non manca, ma che probabilmente è invece sempre mancata una visione complessiva del fenomeno fin troppo trascurato. Lo sport, infatti, non è un settore ben delimitato della vita sociale. Al contrario, più il tempo passa e meglio si evidenziano le sue importanti ricadute sulla vita sociale, sulle relazioni, sulla sanità, sulla cultura e sull’economia nazionali. Basti pensare alle preoccupanti statistiche sulla diffusione delle malattie da vita sedentaria tra i ragazzi, alla fragilità di alcune generazioni di giovani che, abbandonati gli studi, vengono lasciati senza una guida e un accompagnamento, alle famiglie sempre più sole nel gestire problematiche dalle importanti ricadute socio–economiche. All’orizzonte c’è, spiace dirlo, il declino della società italiana, sempre più “vecchia” perché nulla sostiene le famiglie che hanno il coraggio di fare figli. Eppure la soluzione sarebbe a portata di mano, se soltanto la politica, quella “alta”, intesa come luogo di elaborazione dei progetti che uniscono il destino di una nazione, si fermasse a riflettere sull’importanza dello sport di base, dell’associazionismo, della cura di tante piccole società sportive, rette da dirigenti che ho spesso definito eroici, ma che pian piano, demoralizzati e stanchi, stanno abbandonando il campo. Bisogna fare qualcosa e subito, ma il cammino di ogni riforma finora è stato cieco e sordo alle vere istanze educative e formative dello sport. Cieco e sordo alle istanze delle famiglie.
Cieco e sordo alle istanze degli enti di promozione sportiva, delle società sportive, degli oratori, dei Comuni e di tutte le realtà che si occupano, a titolo di volontariato, del sostegno e della diffusione della pratica sportiva. Siamo oggi ad una svolta epocale. O si fa qualcosa oppure, proseguendo su questa strada, si distruggerà quanto di buono è stato fatto finora. Credo che un po’ di storia del passato recente e meno recente, aiuti a capire questo mio preoccupato appello. È un iter quello sulla riforma dello sport, che ha radici lontane, sin dal periodo postfascista, da Luigi Gedda, fondatore del Csi, che arriva alla politica anni’70, quando furono istituite le Regioni in Italia; che va dai primi vacilli negli anni ’80 del Totocalcio – garanzia in Italia di quella peculiarità su cui si reggeva l’autofinanziamento dello sport in Italia – per arrivare al decreto legge del 1996, del vicepresidente del Consiglio, Walter Veltroni, allora ministro vigilante sullo sport. In questa rubrica settimanale andrò ad approfondire alcuni passaggi significativi; dal decreto Melandri, all’istituzione della Coni Servizi nel 2002, fino alla riforma del Titolo V della Costituzione, per ripercorrere la storia e pensare da quanti anni si cerca di creare uno spazio dignitoso per lo sport di base! Ed arrivare alla neonata Sport & Salute ed all’attuale ministro dello sport, Vincenzo Spadafora che ha annunciato la riforma prima dell’estate. Che sia la volta buona? Vorremmo sperarlo, anche se ora non si vede la luce in fondo al tunnel. Ci aspettano forse tempi ancora più difficili? Attenzione, perché come ricordavano i nostri saggi genitori, a distruggere ci vuole un attimo. Ricostruire poi, a volte, è impossibile.